Cupola a rischio per la Basilica di Santa Sofia ad Istanbul
di Damiano Laterza
Collocata laddove occidente e oriente s'incontrano, mischiandosi con sorprendente consapevolezza, la Basilica di Santa Sofia - mai come in un tempo di conflitti religiosi come quello che viviamo - rappresenta un monumento simbolo.Eppure, oggi, la Basilica è a rischio. Non sembrerebbe una novità: dall'anno della sua fondazione, avvenuta per opera dell'Imperatore Giustiniano, ne ha "subite" davvero tante. A partire dal "cambio di destinazione d'uso" – motivo che comunque le ha permesso di sopravvivere così a lungo - da Chiesa Cristiana a Moschea passando per cedimenti struttrali, terremoti, incendi, guerre e rivoluzioni. Il meritato riposo – il fatto di essere diventata, grazie al Presidente Atatürk, un museo sembrava garantirle l'incolumità nei secoli a venire – invece, è ancora un miraggio lontano. Perché la cupola starebbe sul punto di crollare. Negli ultimi tempi, un ambizioso progetto internazionale, coordinato dall'Unione delle Università del Mediterraneo (UNIMED) e nato per lavorare alla creazione di una banca dati del patrimonio culturale a rischio e per individuare buone e condivise prassi d'azione, ha scelto Santa Sofia come sito sul quale intervenire direttamente. Attraverso una procedura pilota, che come risultato ha prodotto la prima scansione laser 3D di una porzione dell'enorme Cupola, si è cercato di capirne di più sul tipo di restauro da fare.La salute della Basilica è in pericolo, ma gli studiosi sembrano non volersi rassegnare al tanto profetizzato "big one": l'evento sismico che potrebbe dare il colpo di grazia al mastodonte. Ovvero al suo simbolo: cioè la cupola. Meraviglia delle meraviglie architettoniche di tutti i tempi, all'epoca della sua prima costruzione, avvenuta in soli cinque anni - dal 532 al 537 dell'era volgare - misurava trenta metri esatti di diametro. Era sorretta da quaranta massicci costoloni realizzati con particolari mattoni cavi fatti di argilla leggera e porosa che venivano prodotti a Rodi e che risultavano già lesionati durante la messa di consacrazione, il 27 dicembre del 537. Per fortuna la cupola poggiava – particolare non trascurabile - anche su quattro giganteschi pilastri nascosti dentro le mura interne dell'edificio. Un escamotage divenuto - a partire da Mimar Sinan, il Michelangelo ottomano - quasi una regola non scritta dell'architettura islamica sacra. Nonostante questo, la struttura cedette - e definitivamente - appena venti anni dopo: per un terremoto. Se ne edificò un'altra, più leggera e più alta di 9 metri, per distribuirne meglio il peso: stessa sorte della prima. Le ricostruzioni si alternarono, più o meno regolarmente, fino al XVI secolo. Nel corso del tempo, l'edificio – tra l'altro - venne consolidato con la realizzazione di quattro alette-contrafforti ai lati, dentro le quali vi sono le scale che portano al piano superiore. Ma la cupola è sempre in pericolo. Il professor Mario Docci, direttore del Dipartimento di Rilievo, Analisi e Disegno dell'Ambiente e dell'Architettura (RADAAR) dell'Università La Sapienza di Roma, coinvolto a vario titolo nel progetto, spiega: "La cupola è molto deformata e soprattuto non è stabile, considerando anche che si appoggia su quattro archi che nel corso del tempo si sono allargati. Dalla forma di un cerchio qual era, la cupola si è trasformata in un'ellisse. E' stato il laser che ci ha permesso di capirlo, e i continui lavori di restauro rischiano di non risolvere il problema". Già, il laser. E il restauro. Il primo rilievo tridimesionale della cupola, eseguito, appunto, con la scansione al laser, è stato il grande traguardo del progetto UNIMED. La tecnica ha permesso agli architetti di constatare che le "ferite" della struttura sono molto più profonde di quello che sembra. "Lo scopo è stato quello di individuare le crepe all'interno della cupola - spiega Docci – ma il laser 3D ha rilevato solo una parte della struttura e poiché quest'ultima è ricoperta dal piombo, bisognerebbe smontarla pezzo per pezzo e vedere che tipo di materiale è stato usato per ripararla. Solo così si può decidere quale intervento la salverebbe". Ecco la questione clou: adesso che la prima fase del progetto è stata completata, servono altri stanziamenti. Economici. "Il ministero della Cultura turco ha già detto che non dispone di fondi. Occorrono almeno ottocentomila euro per poter completare i rilievi. Poi si passerà al restauro completo", dice ancora Docci. Il programma europeo Euromed Heritage, che da dieci anni sostiene i paesi mediterranei nella promozione e conservazione del loro patrimonio culturale, e nell'ambito del quale è stato possibile realizzare il progetto Unimed Cultural Heritage II – quello della cupola – ha inserito Santa Sofia nell'elenco dei siti dell'iniziativa ADOPT. Ovvero "Adotta il patrimonio mediterraneo". Un progetto per favorire i contatti tra i promotori culturali del patrimonio in pericolo e gli investitori internazionali interessati a sponsorship di prestigio. Dice Francesca Predazzi, press manager di Euromed: "Non si tratta di un finanziamento europeo diretto, ma di una iniziativa che promuove il partenariato pubblico-privato, consapevole del contributo strategico che il patrimonio culturale può offrire allo sviluppo economico e sociale di un paese". La speranza che "Ayasofya", come la chiamano tra i minareti della vecchia Sultanahmet, possa essere "adottata" in tempi brevi, è più viva che mai.